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Quaresima: non dimenticare la consolazione promessa

14/03/2021 21:40

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Quaresima: non dimenticare la consolazione promessa

Condividiamo volentieri con voi qualche riflessione su TEMPO SANTO della QUARESIMA.

 

Non dimenticare la consolazione promessa.

 

“Voi che eravate nella tristezza: saziatevi dell’abbondanza della vostra consolazione” così inizia la liturgia della IV Domenica di Quaresima. C’è quindi una tristezza ma anche una consolazione che noi sappiamo essere il nostro Signore Gesù Cristo, il nostro grande Consolatore.  La tristezza ha a che fare con altri sentimenti quali l’amarezza, la paura, la noia. il senso di vuoto. Vediamo alcuni di questi per conoscere i loro meccanismi e imparare ad uscirne.

Consideriamo, ad esempio, l’amarezza. Parliamo di amarezza se siamo colpiti da un grande dolore. È un boccone amaro per noi. La Bibbia ci racconta una storia bellissima in cui qualcosa di amaro è trasformato in qualcosa di dolce. Il popolo di Israele aveva appena attraversato il Mar Rosso. “Camminarono tre giorni nel deserto senza trovare acqua. Arrivarono a Mara, ma non potevano bere le acque di Mara perché erano amare (Es 15,22s.). Il popolo mormorò ed era pieno di amarezza verso Mosè e Jahvé, che lo aveva fatto uscire dall’Egitto. Lì, infatti c’era acqua da bere a sufficienza per tutti... Su ordine del Signore Mosè gettò nell’acqua un legno e l’acqua divenne dolce. I Padri della chiesa hanno interpretato questa scena riferendola alla croce. Il legno della croce rende dolce l’amarezza dell’essere umano. Se, nel bel mezzo di un dolore amaro, volgiamo lo sguardo all’amore di Gesù, che diventa visibile sulla croce, l’amarezza interiore si trasforma in dolcezza. Nel vangelo di Giovanni, Gesù sulla croce beve l’amarezza dell’essere umano per addolcire ogni cosa attraverso la sua passione. Beve l’aceto amaro dell’umanità e lo trasforma in amore per mezzo della sua morte in croce. Quest’amore poi si riversa su di noi dal suo cuore aperto.

Un altro sentimento che possiamo analizzare è quello della paura. La paura appartiene al genere umano. Il primo passo sta nel riconciliarsi con la paura e parlarne.  La paura mi esorta a vivere nella fiducia di essere sempre nelle mani di Dio. Dobbiamo affidarci alla benedizione e all’aiuto di Dio. “Come canteremo i canti di Sion in terra straniera?”. Non siamo forse in terra straniera nell’alternarsi dei nostri sentimenti, nella divisione interiore che talvolta ci prende, nel constatare tanto dolore intorno a noi, particolarmente in questo tempo di pandemia. Nel Commento a questo salmo Sant’Agostino ci ricorda che ci sono due città e che ciascun cristiano deve sapere a quale di queste appartiene, sebbene viva in esilio.

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Il peccato è la causa dell’esilio, mentre la grazia, che ci fa ritornare a Dio, è la remissione dei peccati. Una città, Gerusalemme, ha come fine la pace eterna; l’altra città, Babilonia, ha come fine il godimento di una pace temporanea. Se alla città di Dio appartengono coloro che credono in Dio e sperano nelle sue promesse, alla città terrena appartengo coloro che fanno riferimento solo a se stessi, si sentono autonomi, e ricercano la propria affermazione. La Quaresima è un’occasione per tornare a Gerusalemme, dove regna la pace, dove ci è offerta la consolazione e il Regno di Dio si edifica e cresce a poco a poco. La conversione che ci è chiesta oggi è l’apertura al regno che viene. nei modi che solo il Signore conosce per ciascuno di noi, che nel popolo d’Israele e nella vicenda di Cristo ha il suo paradigma. Di fronte alla ribellione d’Israele, che aveva portato all’esilio, Dio suscita “Ciro liberatore”, il quale con il suo editto (538 a.C.) rimette in moto la storia di tutti coloro che erano in terra straniera. Non dimenticare la consolazione promessa, il Cristo innalzato sulla croce che dona la salvezza come un tempo il serpente di bronzo innalzato nel deserto, immagine del Figlio dell’uomo innalzato sul legno della croce, del Figlio che Dio ha consegnato in sacrificio all’umanità perché fosse guarita dal peccato.

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